Fulvia Bacchi
Direttore generale del gruppo UNIC-Lineapelle
Dal 4 al 6 ottobre presso il Quartiere Fieristico di Milano-Rho torna Lineapelle, la più importante mostra internazionale dedicata al comparto della pelle.
Qualche anticipazione sulla fiera?
Lineapelle conferma la potenzialità e vitalità del comparto della pelle, con numeri ancora in crescita e un alto livello di internazionalità. Saranno 108 i Paesi presenti, tra espositori e visitatori.
La data è stata posticipata rispetto alle precedenti edizioni per andare incontro alla contingente situazione congiunturale.
A settembre, quindi prima dell’apertura della nostra mostra, saremo presenti agli appuntamenti della settimana della moda milanese, finanziati dal Mise e Ice, in particolare con un’installazione di grande impatto visivo in prossimità di via Montenapoleone, curata dall’architetto Davide Rampello.
Le tendenze autunno/inverno 18/19 ci sorprenderanno. Nuovi incroci e nuove armonie cromatiche: declineremo i toni neutri con il colore, con gli scuri, con il bianco invernale. Colori e materiali incroceranno narrazioni senza tempo e ricerche coraggiose. Saranno presenti come di consueto nella Trend Area del pad. 13.
Lineapelle è un sistema fieristico che promuove l’eccellenza italiana in tutto il mondo. La tendenza è verso una sempre maggiore internazionalizzazione del sistema fieristico?
L’attività a sostegno dell’export è una delle nostre punte di diamante, quella con cui riusciamo ad aggregare il più alto numero di aziende.
Oltre alle fiere all’estero Lineapelle London e New York, alle partecipazioni collettive ai tre eventi fieristici di Tokyo, Guangzhou e Hong Kong, realizziamo seminari tecnico-stilistici a Parigi e Shanghai e riceviamo numerose delegazioni internazionali presso la sede di Milano. Lineapelle London di luglio è cresciuta del 20%, così come Lineapelle New York.
Parliamo di dati
Lineapelle di febbraio 2017 ha chiuso con oltre 21.800 visitatori (+3% rispetto all’edizione di settembre 2016) provenienti da 106 nazioni con un significativo aumento delle presenze da Germania, Cina e Russia. Bene anche il numero degli espositori, che si è attestato a 1.198 (+4% rispetto ad un anno fa), provenienti da 44 Paesi. Dopo un 2016 incerto, il settore conciario nel 2017 sembra aprirsi all’insegna di una velata ripresa: i dati riferiti al primo trimestre registrano un +6% in volume.
L’exportè ancora il fattore trainante del settorepelle?
L’export nel 2016 ha rappresentato il 76% del nostro fatturato, con 114 Paesi di destinazione ed un valore di 3,8 miliardi di euro. Il 51% ha come destinazione l’Europa, il 25% l’Asia, l’8% l’area Nafta, il 7% l’area russa. Crescono, come Paesi, gli USA, il Vietnam (fenomeno delocalizzazione) e la Francia.
Rallenta invece la Cina.
UNIC ha sollecitato l’aggiornamento della legge che tutela la denominazione di pelle e cuoio. Come combattere le imitazioni?
I principi di recupero, riciclo e riuso dell’economia circolare sono nobili concetti che applichiamo da sempre, eppure siamo spesso guardati con diffidenza. Oltre all’ecopelle, si sente parlare anche di eco camoscio, eco cavallino, alter nappa, wineleather, ma tutte queste tipologie “alternative” alla pelle, per promuoversi hanno proprio bisogno di accostarsi alla pelle, diciamo pure che la sfruttano.
UNIC procede per vie legali contro questi abusi.
Ad oggi abbiamo sul tavolo 60 diffide, ma siamo convinti che la nostra arma migliore resti l’educazione attraverso corsi e incontri formativi.
I marchi “vero cuoio” e “vera pelle” li tuteliamo in collaborazione con la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane con cui, da 10 anni, è in essere un accordo di sorveglianza doganale. A livello europeo ci aspettiamo un regolamento sull’etichettatura dei manufatti in pelle.
Quali sono gli strumenti a disposizione delle concerie per gestire in modo virtuoso ogni aspetto della sostenibilità?
Tutto il nostro impegno sulla sostenibilità è documentato nel Rapporto, di cui abbiamo presentato la 15° edizione all’Assemblea dello scorso giugno. La sostenibilità dell’industria conciaria italiana è il denominatore concreto e comune di ogni sua attività produttiva, commerciale e creativa. Questi i dati salienti: costo sostenibilità pari al 4,4% medio del valore produzione, miglioramento dei consumi medi acqua (-20% dal 2003) ed energia (-32%), aumento del recupero del rifiuto (76%), ulteriore diminuzione dell’indice di frequenza e gravità infortuni (più che dimezzato tra il 2016 e 2015).