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Nuova era per il lusso: cambiano le strategie di fornitura e si investe in digitalizzazione
Trasporti, energia e materie prime più costosi si traducono in maggiori costi e tempi per il lancio delle nuove collezioni. Al problema, i marchi del lusso rispondono con nuove strategie di fornitura, al costo di investimenti sulla digitalizzazione e creazione di nuove competenze. È quanto emerge da un’indagine condotta dalla società di consulenza strategica Kearney che ha coinvolto oltre 30 manager delle case di moda italiane. Realizzata in collaborazione con Il Foglio, è stata presentata a Firenze in occasione dell’evento promosso da CNA Federmoda per la Mostra Internazionale dell’Artigianato in corso alla Fortezza da Basso.
L’indagine arriva a bilancio degli ultimi tre anni che hanno determinato un cambio di passo nel mondo della moda di lusso su più fronti. Da una parte sono mutati i comportamenti dei consumatori che ricercano sempre più esperienze di acquisto omnicanale e mostrano attenzione agli aspetti di sostenibilità e impatto ambientale. Dall’altro, la pandemia e le tensioni geopolitiche hanno prodotto ripetuti e profondi shock nelle filiere di approvvigionamento mondiali. Un quadro a cui si somma il crescente costo di materie prime, trasporti ed energia che per il 48% delle case di moda è responsabile di un aumento di oltre il 60% del time to market e del costo delle nuove collezioni.
Secondo Kearney, l’approccio delle griffe poggia su nuove strategie di fornitura. In molti puntano a rivedere il numero e la distribuzione geografica dei fornitori (62% degli intervistati), mentre più della metà prevede ordini più contenuti (55%) e differenti tipologie di spedizione (48%). Quasi la metà degli interpellati (45%) crede poi che la revisione delle strategie di fornitura creerà nuove opportunità per le aziende italiane, con investimenti sulle competenze interne e sulle tecnologie (34%). Il modello di business vira sull’approccio sostenibile, attraverso l’utilizzo di materiali riciclati o “eco-friendly”, incremento della tracciabilità dei prodotti e una riduzione della sovra-produzione.
Il crescente peso dei canali digitali e dell’omnicanalità sta portando le aziende a internalizzare le piattaforme tecnologiche di e-commerce e la logistica. Oltre il 90% degli intervistati motiva la necessità di gestione diretta dell’e-commerce con il pieno accesso ai dati dei clienti, sebbene l’operazione richieda investimenti elevati (secondo il 62%) e la creazione di competenze mancanti (41%). A proposito della gestione diretta della logistica, le maison puntano poi alla possibilità di evadere gli ordini dalle boutique (79%). La priorità è dotarsi di strumenti che migliorino la visibilità delle scorte con precisione e in tempo reale e il processo di evasione degli ordini.
«Una strategia necessaria e comprensibile che consentirà ai brand di avere accesso ai dati e gestire direttamente l’assortimento e il cross-selling nella fornitura online - commenta Dario Minutella, Principal Kearney -. La gestione dovrà comunque rispondere ad alti investimenti e costi per esempio di manutenzione e digital marketing. Qui si giocherà la sostenibilità del business. D’altro canto, l’intero processo logistico potrà essere gestito con il diretto coinvolgimento delle boutique, che si concentreranno sempre più su una user experience ominicanale. I marchi del lusso romperanno così lo schema tradizionale che vedeva il fisico e il digitale gestiti separatamente, potendo contare su una rete di distribuzione con molti più nodi di quanti ne abbia Amazon».