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Il ministro Urso a Preciuos Fashion: «Un evento di riferimento per il settore»

 

 

Quasi il 70% delle aziende che producono accessori moda ritiene che tra dieci anni il settore sarà diverso. Di queste, il 37% pensa che lo sarà «completamente» e il 54% che il mercato si assesterà su quantitativi più ridotti e sostenibili. Sono i dati salienti della survey condotta da Leather&Luxury e presentata in apertura di “Precious Fashion”, l’evento dedicato all’accessorio moda organizzato da e nell’ambito di Oroarezzo in sinergia con il magazine stesso e Confindustria Federorafi.

 

Un momento di confronto tra l’industria orafa e dell’accessorio di lusso, che hanno molto in comune, dall’uso di tecnologie sempre più sostenibili alla condivisione di valori fondamentali del Made in Italy, ma strategie per ora diverse. Il gioiello viaggia infatti a ritmi di crescita a due cifre; l’accessorio risente dell’andamento di un mercato, quello della fashion industry, in cui persino le temperature alte ad ottobre condizionano i consumi e i bilanci delle imprese.

 

L’evento, moderato dalla giornalista Lisa Ciardi, ha affrontato quattro temi focus per il settore: innovazione, mercato attuale e tendenze, made in Italy e responsabilità. Gli interventi di Matteo Farsura, global exhibition manager delle fiere orafe di IEG e Matteo Rovelli marketing manager di “Leather & Luxury”, che ha presentato la prima survey condotta sull’accessorio moda, hanno aperto quello che il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha definito in un suo messaggio «un evento di riferimento per il settore degli accessori di alta gamma».

 

Tema caldo, quello dell’innovazione. «Dopo una crescita notevole – ha detto Gianluigi Barettoni, presidente Afemo – ora il settore vive un momento di crisi, ma la tecnologia ha un ruolo centrale, perché permette alle aziende di proporre ai brand nuove soluzioni o materiali». Atteggiamento confermato da Massimo Poliero, Ceo di Legor Group: «In Italia si investe una media dell’1,4% dei ricavi in ricerca e sviluppo contro una media europea del 2,7%. Aggregare per avere massa critica è l’unica strada per sfruttare il nostro know-how». Focus quindi su l’intelligenza artificiale «utile per velocizzare lo sviluppo di nuovi prodotti», come ha ricordato Matteo Sgatti di Remira, mentre Lorenzo Cavaciocchi manager di Bluclad ha ricordato che «le tecniche evolvono verso la sostenibilità e l’obiettivo “zero waste”». 

 

Il mercato attuale vede acquirenti più attenti e spesa più oculata secondo Beppe Angiolini, Ceo di Sugar e presidente onorario della Camera di buyer Moda. L’industry, ha detto Alessandro Pacenti, presidente Consorzio Physis Società Benefit, «a monte e a valle ha stakeholder molto esigenti, mentre l’accessorio resta una produzione di nicchia». E poi le aggregazioni, ha ricordato Carlo Goggioli di Azimut, che «aumentano la redditività e permettono di sviluppare produzione e mercati globali». Lo scenario per l’export, come ha delineato Sara Giusti della Direzione Ricerche e Studi di Intesa Sanpaolo si incentra su «transizione digitale e verde, driver alla prova del taglio dei tassi Bce». L’aspetto della formazione delle persone completa il quadro, come ha ricordato Marina Grisolia di GI Group.  

 

Il made in Italy. I nodi, in questo ambito, sono stati evidenziati nella sintesi di Francesco Colli, Ceo di Ingfor: sono l’alta tecnologia, le scadenze dei fondi Pnrr, la “transizione 5.0”, le occasioni competitive che il bilancio di sostenibilità può creare. Intanto L’Ad di Iren Ambiente Toscana Alfredo Rosini ha spiegato come contribuisce alla raccolta di Raee, utile anche all’industria orafa e del gioiello, con un nuovo impianto in costruzione nell’Aretino. Fabio Coradin di MTWH e Stefano Macinai di Mam hanno portato gli esempi dei benefici di scala che un gruppo strutturato crea e le specificità che gli “accessoristi” offrono ai brand che in territori piccoli investono in tecnologie e materiali. David Diracca, di Giovanni Lanfranchi Spa, ha ricordato quanto il rapporto tra scuola e impresa possa fare la differenza per la competitività. 

 

Sostenibilità, due diligence e direttiva contro il green washing sono tre aspetti su cui l’Europa chiede rigore e serietà «manca però una metrica comune, per misurare davvero la concorrenza», ha detto Cristina Squarcialupi, presidente Chimet S.p.A e vicepresidente nazionale Federorafi. I parametri, infatti, non spaventano le imprese, se le certificazioni sono «science based» ha affermato Paolo Tempesti, di Fondazione Leaf. «Quello che dobbiamo fare, anziché sottovalutare la capacità di applicare e far rispettare norme molto severe sulla tutela ambientale, è comunicare al meglio la nostra cultura e i nostri valori. Continuare a dare l'esempio, soprattutto per le nuove generazioni» ha concluso Carlo Salomoni, quality manager di Prada.

 

Insomma un confronto a 360 gradi che si è chiuso focalizzando l’attenzione su alcune parole chiave: sostenibilità, valorizzazione dei distretti, scommessa sul made in Italy e sull’innovazione, credibilità, uniformità dei parametri, centralità della formazione, recupero dei neet. E, soprattutto, lavoro di squadra: proprio quello che è stato al centro di “Preciuos Fashion”.

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