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Qual è la situazione della filiera della calzatura?
Nonostante il mondo del lusso preveda un fatturato che potrebbe superare i 400 miliardi di euro entro il 2025 e i 500 miliardi entro il 2028, con una crescita a medio termine del 7-8 per cento dovuta soprattutto a un incremento del turismo internazionale, non è un segreto che la filiera sia in grande difficoltà. Da un’indagine condotta da CNA Federmoda, su un campione di quasi 600 imprese, oltre il 50% stima una contrazione del fatturato nel 2024: tra queste una su cinque indica addirittura una forte riduzione dei ricavi, superiore al 20%.
Qual è la situazione della filiera della calzatura?
«Da un’indagine condotta tra i nostri associati, emerge che il sentiment dei calzaturieri è improntato al pessimismo» rivela Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici.«Oltre il 54% del campione teme di chiudere il primo semestre con un calo del fatturato rispetto alla prima metà 2023. Bisognerà attendere la seconda metà dell’anno se non, più probabilmente, almeno il 2025 per una ripartenza significativa della congiuntura dell’intero comparto».
Export: quali i paesi che crescono e quali quelli in calo?
«Al primo posto la Francia (+17,3% in valore e +1,1% in quantità su gennaio-ottobre 2022), le cui cifre comprendono anche i flussi di rientro delle produzioni effettuate in Italia dalle multinazionali francesi del lusso. In forte calo (-24,6% in valore e -33,3% in paia) invece la Svizzera, tradizionale hub logistico delle griffe, interessata verosimilmente da un cambio nelle strategie distributive delle stesse (che hanno spedito direttamente ai mercati finali una parte consistente delle merci vendute, senza transitare dai depositi elvetici). USA e Germania hanno subìto nella seconda parte dell’anno drastiche battute d’arresto (nell’ordine del -25% in volume nel quadrimestre luglio-ottobre), registrando nei primi 10 mesi flessioni del -20% circa nelle paia (e del -7,8% e -2,3% rispettivamente in valore)» continua Ceolini.
«Rinforzati anche dai minori transiti in Svizzera, i flussi diretti dall’Italia verso il Far East sono cresciuti del +15,6% in valore e del +7,4% in quantità (con Cina +12,4% in valore, Hong Kong +16,5%, Giappone +18,7% e Sud Corea con un moderato +2,8%, l’unica negativa in volume). Quest’area si conferma quella con i prezzi medi più elevati, proprio per il ruolo determinante giocato dalle griffe. Bene anche gli Emirati Arabi (+30% in valore e +8,9% in paia). Russia (+36,8% in valore) e Ucraina (+79%) hanno sperimentato – dopo il crollo del 2022 causato dall’inizio del conflitto – un sensibile rimbalzo, pur restando tuttora sotto i livelli 2021 pre-guerra».
Cosa dovrebbe fare lo stato?
«Chiediamo al Governo di adottare un provvedimento d’urgenza che, seppur nel rispetto della normativa europea, consenta di allungare i tempi di rimborso dei finanziamenti garantiti da SACE e Simest affinché l’orizzonte di rimborso sia innalzato, per le aziende del nostro settore che sono state costrette a ricorrervi, da 6 a 10 anni. Il Governo dovrebbe farsi promotore dell’apertura di un tavolo di lavoro con il sistema bancario finalizzato alla concessione di una sospensione straordinaria su linee di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su crediti e rate di prestiti, e finanziamenti in genere per le aziende che ne facciano richiesta. Compresa la posizione di ABI rispetto all’automatica segnalazione in Centrale dei Rischi conseguente alla rimodulazione dei termini di rimborso, bisognerebbe verificare se sia possibile rinviare il rimborso delle sole rate capitali dei prestiti».
E le aziende?
«Premere l’acceleratore sul fronte della digitalizzazione e dell’internazionalizzazione».