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Da contenitori a oggetti di culto: la svolta fashion del packaging

 

Se nessuno rompe più le scatole

Da semplici contenitori a oggetti di culto da indossare. Dalla filiera la conferma: i brand vogliono contenitori sempre più esclusivi

 

La moda è un gioco di rimandi. Le sfilate ispirano, lanciano nuovi trend, ma allo stesso tempo lo stile urban è tenuto ben presente dagli stilisti. Succede così che se, da un lato, i consumatori iniziano a trasformare i sacchetti di carta dei brand in oggetti da acquistare e sfoggiare, i brand cominciano a inserire tra le proprie creazioni accessori che richiamano il packaging.

 

I siti di shopping e second hand pullulano d’inserzioni dedicate alle scatole e ai sacchetti di carta nei quali Chanel, Louis Vuitton, Bottega Veneta, Gucci, Balenciaga, Tiffany & Co. consegnano i propri prodotti. Ovviamene sono “solo” contenitori, ma sfoggiare la scatola o il sacchetto di un brand allude al fatto di avere un capo griffato. Non è sempre così, ovviamente. Ma “l’essenziale è invisibile agli occhi” per citare impropriamente de Saint-Exupéry.

 

La nuova tendenza è stata subito intercettata dalle griffe che, in un gioco di specchi, hanno capovolto la situazione. Ultima in ordine di tempo Balenciaga: pochi giorni fa su Instagram è comparsa una clutch Trompe l’oeil in pelle a forma di scatola da scarpe. A metà fra scherzo e trovata pubblicitaria le Box Shoe di Adidas, sneakers a forma anch’esse di scatola da scarpe apparse a fine marzo sulla app Adidas Confirmed. Ma si trattava solo di un pesce d’aprile.

 

Più che reale invece l’intento di Bottega Veneta con la Brown Bag: l’aspetto ricorda in tutto e per tutto l’anonimo sacchetto di carta marrone ma è in realtà un piccolo capolavoro di raffinatezza, realizzata in pelle con interno in suede. Al trend non è sfuggito neppure Saint Laurent con la borsa che sembra un contenitore per il take-away. Per evitare eccessive congetture, la borsa si chiama proprio Take away box ed è realizzata in pelle monogram con logo in metallo.

Balenciaga, per la collezione AI 24/25, ha fatto sfilare in passerella il suo tape bracelet (costo 3mila euro circa) a forma di nastro adesivo, rigorosamente brandizzato. Il packaging definitivamente consacrato a oggetto del desiderio.

 

Intanto dalla filiera arriva la conferma: i brand vogliono per le proprie creazioni packaging sempre più raffinati, innovativi, dal design unico o, meglio ancora, caratterizzati da una cifra che le renda esclusive. Per continuare forse con i consumatori questo gioco di rimandi, alimentando da una parte  il desiderio e traendone dall’altra ispirazione per nuove proposte.

 

«Negli anni abbiamo visto da parte dei brand una sempre maggiore richiesta di precisione, di uso di materiali innovativi e carte speciali, di scatole con accessori e diversi tipi di aperture» spiegano da Sima Scatolificio. Capaci di distinguersi e fare tendenza insomma, ma rigorosamente sostenibili: «ci chiedono carte riciclabili e provenienti da fonti riciclate - aggiungono dall’azienda –. Per questo per il futuro l’obiettivo è quello di raggiungere i massimi livelli nell’uso di questi materiali».

 

Sulla stessa linea Sauro Mannucci di Mannucci Packaging: «Il mercato sta richiedendo sempre più prodotti di qualità e innovativi. Per questo ci siamo strutturati per dare questo tipo di risposte, anche attraverso la recente acquisizione di Extra Box, azienda specializzata in espositori e altri prodotti ad alto contenuto di design. Un approccio che portiamo avanti nell’ambito di una produzione di alto artigianato, con il minimo impatto possibile sull’ambiente e nel segno della creatività».

 

«Il packaging rappresenta ormai il 90% della presentazione prodotto, tanto che c’è un secondo mercato tutto dedicato alle scatole – conferma Salvatore Liguori, responsabile di produzione dello Scatolificio San Maurizio -. Anche per questo oggi i brand, accanto alla sostenibilità, richiedono un prodotto che sia all’altezza del loro nome e sul packaging non badano a spese, non solo nel settore del fashion».

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