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Italcompo: «Il futuro è dei materiali alternativi, ma devono garantire performance e durata»
Essere competitivi nel settore moda significa essere certificati, pronti a cogliere le opportunità offerte con l’obiettivo di crescere, attenti alla sostenibilità, ma anche capaci di garantire il proprio prodotto. È questa la ricetta per “funzionare” secondo Carlo Pisoni, titolare insieme al fratello Rodolfo di Italcompo, azienda del milanese leader nella componentistica per calzature.
Quali sono i punti irrinunciabili per progredire in questo settore?
«Oggi funzioni se sei capace d’investire in tecnologia e se hai competenza del prodotto; non esiste una cosa senza l’altra. Poi ci sono alcune esigenze alle quali è necessario rispondere: una è la sostenibilità. Anche per questo abbiamo intrapreso i cammini certificativi, conseguendo a dicembre 2023 la ISO 45001; entro ottobre 2024 arriverà la ISO 14001. Sul fronte dei materiali c’è sempre maggiore richiesta di prodotti alternativi a quelli di provenienza fossile. Noi stiamo sviluppando prodotti rigenerati al 50% e biobased».
Transizione green dunque?
«Il futuro è fatto di materiali sostenibili ma non è facile; c’è un tema qualitativo: fornire un prodotto che garantisca performance e durata. In Italia vedo una forte spinta in questa direzione, anche da parte del Governo. Con il 4.0 si è puntato all’incremento della produttività, con il 5.0 si spingerà verso la sostenibilità. I criteri non sono ancora stati ben definiti ma da parte degli imprenditori c’è un grande interesse».
Gli incentivi sono un buon modo per favorire questa transizione?
«Gli incentivi fine a sé stessi non servono, bisogna porsi l’obiettivo di migliorare i processi produttivi attraverso dei nuovi strumenti. Noi abbiamo usufruito di quelli per il 4.0 e l’operazione è ancora in corso, dato che il processo richiede tempo per formare il personale e impostare nuovi metodi di lavoro. Si tratta di fare anche un cambio di mentalità».
Come vede l’andamento del settore?
«Abbiamo avuto una crescita importante nel 2022; poi nel 2023, fra la guerra Russo-Ucraina, il conflitto Israelo-Palestinese, gli attacchi degli Houthi sul canale di Suez, i tassi d’inflazione elevati, tutto ha subìto un rallentamento: le persone hanno speso meno e i magazzini sono pieni di prodotto. La globalizzazione ha lati positivi e negativi: ci ha aperto mercati lontanissimi, ma se c’è una crisi dall’altra parte del mondo la paga anche chi sta a migliaia di chilometri di distanza».