News

Passaggio generazionale, manager esterni o continuità?

 

 

Le Pmi a gestione famigliare, elemento fondante del tessuto imprenditoriale italiano, si trovano a fare i conti con il problema del passaggio generazionale. Secondo la XV edizione dell’Osservatorio Aub (Aidaf-Unicredit-Bocconi) le imprese con questo assetto sono pari al 65% del totale; per quelle di dimensioni più grandi, nel 65,7% dei casi la leadership è nelle mani della famiglia, percentuale che sale al 78,8% tra le più piccole. Secondo la ricerca però, tra il 2020 e il 2022, è cresciuta l’apertura verso leader esterni: nel triennio, i modelli di leadership interamente familiari si sono ridotti di 4 punti nelle aziende più grandi; lo stesso vale, per la prima volta, anche per quelle di minori dimensioni. Molte Pmi stanno inoltre passando a un modello di gestione collegiale: oltre un terzo (33,9%) è guidata da amministratori delegati.

 

Stando invece all’indagine FuturARTI, promossa da CNA Firenze e Simurg Ricerche, sulle sfide e prospettive del mercato del lavoro fiorentino, il tema del passaggio generazionale interessa il 65% delle imprese, il 21,5% delle quali afferma di volerlo risolvere chiudendo l’attività o vendendola, essenzialmente per l’assenza di un successore (92,6% dei casi), causa mancanza di interesse da parte di figli e parenti a continuare l’attività familiare (48% dei casi).

 

Una delle strade possibili per affrontare il ricambio al vertice può essere quella di affidarsi a manager specializzati, che possono portare in azienda nuove e più specifiche competenze. «Benché la nostra sia un’azienda con una consolidata tradizione famigliare – spiega Alex Rossi di Sirp, azienda nata nel 1969 e oggi eccellenza internazionale nella produzione di pellami, - ha affrontato il problema del passaggio generazionale ormai da tempo, sin dagli anni ’90, puntando sulla managerializzazione. È una strada che ha permesso di affrontare con buoni risultati le nuove sfide che la società si è trovata ad affrontare, conciliando il mantenimento delle radici familiari e tradizionali, con il rinnovamento, l'innovazione e l'innesto di competenze sempre nuove».

 

Ma ci sono anche esempi nel segno della continuità. «La nostra azienda è alle soglie del secondo passaggio generazionale – spiega Andrea Calistri, titolare di Sapaf, azienda fiorentina specializzata in produzioni di nicchia per il mercato del lusso che ha appena festeggiato 70 anni -, avendo due figli in azienda stiamo creando i presupposti per un nuovo passaggio di consegne. Abbiamo un profilo e una storia particolari, da sempre legati al nome della famiglia e basati sulla passione. Credo che proprio questo faccia la differenza: i giovani seguono più la passione che approcci basati unicamente sui numeri e sui bilanci. Ritengo che la nostra fortuna sia stata quella di aver saputo trasferire, di padre in figlio, il grande amore per questo lavoro».

 

Sulla stessa linea Martina Squarcini di Conceria Il Ponte, realtà del distretto conciario toscano storicamente vocata alla produzione di pellame conciato al vegetale. «La nostra azienda è alla terza generazione: è stata fondata nel 1961 da mio nonno, poi mio padre, con la sua serietà e il profondo amore per la sua azienda, ha realizzato questa bellissima realtà di cui da vent’anni faccio parte anch’io – racconta -. Credo che tutto si basi appunto sull’amore per il nostro lavoro e sulla passione che mio padre mi ha trasmesso: sono orgogliosa di far parte di quest’azienda che è a tutti gli effetti una grande famiglia. Anche tra i nostri dipendenti ci sono padri e figli, zii e nipoti: nonostante siano tutti formati ed esperti, l’età media è bassa e tra i giovani vedo una grande voglia di fare e di imparare, contrariamente a quanto spesso si sente dire».

Leggi le altre news di Luglio 2024